SPECIALE - PON WATER4AGRIFOOD 4 ottobre 2023



“Costi e benefici ambientali dell'uso dell'acqua in agricoltura: la tariffa irrigua come strumento di internalizzazione”

A. Battilani1, M. Ruberto2, S. Baralla2, R. Zucaro2, C. Truglia1, M. Gargano1

1ANBI, 2CREA-Centro di ricerca Politiche e bioeconomia

A mano a mano che la domanda di acqua cresce, essa comporta obiettivi ambientali più complessi ed articolati; così la sua gestione diviene un elemento centrale per lo sviluppo delle economie mediterranee ed Europee.

In risposta alle crescenti preoccupazioni sulla qualità dell'acqua e sulla sua futura disponibilità in Europa, l'UE ha istituito un quadro di azione comunitaria nel campo delle politiche per l’acqua che ha come fulcro la Direttiva Quadro Europea sulle Acque (DQA)[1]. La Direttiva mira a proteggere e migliorare le acque di superficie e sotterranee e a questo scopo definisce, seppure in modo assai vago, il criterio di “buono stato ecologico” definito come quello stato che si discosta solo leggermente da quello riscontrabile in condizioni di minimo impatto antropico (allegato V, DQA). Tutti i corpi idrici negli Stati membri dell'UE avrebbero dovuto raggiungere questo status entro il 2015.

Il Buono Stato Ecologico si compone di due parti separate: uno stato ecologico ed uno stato fisico/chimico, entrambi determinati da diversi indicatori. Ad essi si aggiunge la valutazione dello stato idromorfologico del corso d’acqua[2].

La normativa prevede che la qualità sia definita in maniera integrativa utilizzando i diversi indicatori biologici, fisico/chimici ed idromorfologici. La valutazione è improntata sui principi di massima precauzione e “one-out, all-out”; quest’ultimo  prevede che lo stato ecologico del corso d’acqua sia determinato dal peggiore degli indicatori misurati.

Come discusso da lungo tempo[3],  il principio “one-out, all-out” tende a concludere che un corpo idrico è al di sotto dello stato “buono”, anche se il corpo idrico realmente è in “buono” stato[4]. Di conseguenza, il principio “one-out, all-out” aumenta la probabilità di ottenere uno status inferiore per pura casualità o a causa di parametri il cui impatto sull’ecosistema e sulla biodiversità è marginale. Il rischio di una classificazione errata ad uno stato più elevato rispetto a quello effettivo appare molto meno probabile[5].

A questo si aggiunge che la DQA fu pensata e calibrata per i grandi fiumi perenni nord-europei o comunque per corsi d’acqua con un regime variabile ma non intermittente o effimero.

I fiumi intermittenti ed i torrenti effimeri sono quei corsi d'acqua che cessano il flusso in un determinato momento della stagione e/o per una parte del loro corso. Essi sono probabilmente il tipo di corso d’acqua superficiale più diffuso sul pianeta, e si stanno espandendo dove il clima diventa più secco e la domanda umana di acqua aumenta[6]. Inoltre, si collocano sempre di più all’interno di ecosistemi terrestri semiaridi od aridi.

Tuttavia, la ricerca sui comportamenti e sulla resilienza degli ecosistemi acquatici e sui servizi ecosistemici forniti si è concentrata sui fiumi perenni[7], riflettendo la priorità attribuita a regimi idrologici in cui è più semplice applicare indicatori biologici. È necessario investire nella ricerca per comprendere come l’intermittenza del flusso modifichi la fornitura di servizi ecosistemici, così come il ciclo dei nutrienti, la mitigazione delle inondazioni e la purificazione dell’acqua.

Altrettanto importante è la comprensione di come l’ecosistema fluviale stia progressivamente adattandosi a questo cambiamento di regime idrico, indotto principalmente dal modificarsi della distribuzione, intensità e stagionalità delle precipitazioni e dal minore spessore sino alla totale assenza del manto nevoso in quota.

Da tempo si osserva l’evoluzione di nuovi ecosistemi con nuove combinazioni di specie, che non hanno una storia evolutiva condivisa[8], spesso combinando specie alloctone invasive ed autoctone.

L’emergere di questi nuovi ecosistemi è una sfida per il ripristino e la conservazione dei fiumi[9] e pone gravi interrogativi riguardo alla validità, in termini eco-idrologici, dell’applicazione di regimi di deflusso ecologico non calcolati per regimi intermittenti e che tendono a contrastare un processo evolutivo in atto. Citando Seastedt, et al.: “Nella gestione di nuovi ecosistemi, il punto non è pensare fuori dagli schemi ma riconoscere che gli schemi stessi sono cambiati…”[10].

È un fatto che la maggioranza degli studiosi di scienze dell’evoluzione concordi da tempo che il cambiamento biotico, l’evolversi di nuovi ecosistemi, dominerà il 21° secolo producendo qualcosa di mai visto precedentemente, letteralmente scenari futuri senza analogie con quanto conosciuto nel passato[11],[12].

In parallelo assistiamo ad un processo di adattamento, più evidente nelle acque di transizione ma riscontrabile anche dove insistono da tempo sufficiente fattori pressori quali il cambio di regime idrologico o alterazioni delle condizioni chimico-fisiche. Le specie esposte a tali livelli di variabilità ambientale tendono naturalmente ad adattarsi e a diventare tolleranti[13] a condizioni che in passato rappresentavano causa di riduzione della popolazione[14].

L’accelerazione degli impatti conseguenti al cambiamento climatico e l’urgenza percepita dalla cittadinanza spingono i decisori politici verso obiettivi “tradizionali”, facilmente condivisibili e comunicabili, come il mantenimento degli ecosistemi nativi. Questo probabilmente risulterà essere impossibile, ma qualora non si possano mantenere o ripristinare le biocenosi native, non va comunque abbandonato l’obiettivo di mantenere un elevato grado di biodiversità e le funzioni dell’ecosistema.

Da un punto di vista socio-economico, questo implica che azioni di ripristino o di salvaguardia potrebbero essere applicate laddove non necessarie, ponendo in discussione i fondamenti stessi di una analisi dell’impatto socio-economico, dell’efficacia o della disproporzionalità degli interventi.

La valutazione socioeconomica incontra ulteriori difficoltà se si considera che il quadro evolutivo sin qui descritto combinato a fattori di stress di origine antropica risulta in un elevato livello di frammentazione degli habitat e degli ecosistemi, la maggior parte dei quali limitati nello spazio. Ciascuno di essi richiede misure specifiche per massimizzare l’impatto locale e l’influenza sul quadro generale e sugli ecosistemi, anche non acquatici, interconnessi.

La DQA prevede che qualsiasi metodo utilizzato per valutare l'impatto ecologico debba rilevare solo le pressioni antropiche, mostrare una chiara risposta alla pressione identificata ed evitare che essa sia attribuibile alla variabilità naturale. Questo esercizio diviene particolarmente complesso ove lo stato qualitativo del corpo idrico è valutato con metodi ed indicatori sviluppati per regimi variabili senza periodi di intermittenza. È facilmente intuibile come questi indicatori, anche nelle migliori condizioni, restituiscano inevitabilmente una alternanza di stato ecologico tra il buono e il non buono che, applicando il principio “one out - all out”, definisce la necessità di intervenire per il raggiungimento degli obiettivi fissati dalla politica Europea per l’acqua alla fine degli anni ’90, senza per questo offrire una indicazione sul reale impatto sugli ecosistemi in fase evolutiva e adattiva e sulla loro capacità di produrre servizi ecosistemici.

La valutazione socioeconomica è ritenuta un fattore integrante dello sviluppo dei piani di bacino idrografico e nella progettazione del programma di misure per raggiungere gli obiettivi ambientali della DQA.

La stima dei risultati attesi e la valutazione ex-post degli stessi si avvale dell’Analisi Costo/Efficacia (CEA) che restituisce indicatori di efficienza, permettendo la comparazione preventiva tra le possibili misure o la valutazione del risultato in termini di unità fisiche. Uno dei vantaggi dell’analisi costo/efficacia è la valutazione non tanto della fattibilità tecnica, ma del tempo di risposta all’intervento tecnico che potrebbe essere molto dilatato consentendo di raggiungere l’obiettivo ambientale solo gradualmente e non entro i tempi previsti. Una scarsa efficacia dell’intervento programmato suggerisce di ricorrere a tecnologie o soluzioni diverse, o l’impossibilità fattuale allo stato dell’arte di ottenere i risultati desiderati in tempi utili.

Tuttavia, l’analisi costo/efficienza non permette di misurare i benefici netti di un programma di interventi in termini monetari, un input essenziale per definire se i costi sono eccessivi o sproporzionati. Questa valutazione ha un ruolo importante come criterio di selezione per definire un programma di misure economicamente sostenibile.

Per raggiungere gli obiettivi indicati dalle politiche Europee per l’acqua sono necessari importanti investimenti infrastrutturali, a cui si aggiungono i costi sopportati dalle imprese a causa della necessità di cambiare il processo produttivo o, in casi estremi, di cambiare l’indirizzo produttivo o persino rilocare o cessare l’attività.

È cruciale che gli investimenti sia pubblici che privati siano debitamente giustificati nei confronti delle parti interessate, dimostrando i benefici che apportano in modo oggettivo e comparabile[15]. In particolare, è indispensabile che il costo percepito, che coinvolge aspetti difficilmente parametrizzabili e monetizzabili, non sia ritenuto disproporzionato.

Il ricorso all’analisi costi/benefici (CBA) è quindi necessariamente complementare alla CEA, se si intende garantire la razionalità economica degli investimenti. Perché un investimento sia sostenibile è infatti necessario che i benefici delle misure ambientali applicate superino i costi sociali, economici ed i trade-off ambientali.

La CBA è quindi uno strumento utile per informare la politica, comunicare con le parti interessate e con la cittadinanza e per rendere socialmente accettabile il processo decisionale.

Ma per giungere a questo la CBA deve incorporare elementi di equità, quali la giusta considerazione degli svantaggi e dei trade-off per i settori produttivi coinvolti direttamente ed indirettamente, dei necessari costi di assicurazione e/o di condivisione del rischio, la inclusione delle esternalità positive generate dai settori produttivi  (in particolare agricoli) debitamente monetizzate e non confinate alla sola valutazione di efficienza.

Il tema dell’analisi costi/benefici è particolarmente complesso. La DQA offre infatti la possibilità di fissare obiettivi meno stringenti rispetto a quelli identificati nei Piani di Bacino o di attivare deroghe temporali quando le misure implementate siano tecnicamente irrealizzabili, o i costi risultino sproporzionati rispetto alla capacità finanziaria dell’organismo che ne sopporta il carico ai fini di migliorare la qualità ambientale, o rispetto ai benefici apportati da un miglioramento della qualità ambientale[16].

Purtroppo, se la DQA e le successive linee guida WATECO[17] definiscono il concetto di costi disproporzionati, non specificano però quanto deve essere ampio il divario tra costi e benefici perché possa essere attivata l'esenzione[18],[19], lasciando così un certo grado di interpretazione da parte degli Stati Membri e spazio a livello comunitario per pressioni da parte di quelle componenti della società che ritengono che nessun costo possa essere ritenuto disproporzionato e che le misure debbano essere implementate istantaneamente. Atteggiamento, quest’ultimo, che dimentica che tanto più grande è la distanza tra costi e benefici delle misure implementate, tanto maggiore sarà la difficoltà di migliorarle quando saranno disponibili tecnologie o soluzioni innovative; inoltre, qualora esse risultino poco efficaci, sarà economicamente impossibile attivare misure aggiuntive. Tali difficoltà divengono manifeste se si considera che la maggior parte delle azioni possibili grava su pochi settori economici, vista la chiara indisponibilità a spostarne il peso sulla tassazione generale.

Dal punto di vista metodologico la CBA utilizza la monetizzazione oppure “soglie e criteri”[20]. La prima metodologia è certamente la più diffusa, seppure con molte varianti18,[21],[22]. A titolo d’esempio, l’esperienza francese, forte di un numero di casi studio di oltre 700 corpi idrici sottoposti a CBA monetaria, ha portato a definire una soglia di proporzionalità dei costi fissata, date le incertezze, ad un beneficio pari ad almeno l'80% del costo. La soglia indicata incorpora la sovrastima dei costi di implementazione e considera la frequente difficoltà a stimare correttamente i benefici generati, solitamente sottostimati.

Vista la difficoltà generalizzata di monetizzare i benefici è stata sviluppata la CBA a soglie e criteri[23],[24]. La metodologia, piuttosto complicata, si basa su una analisi multicriteria[25]. Il metodo, applicato inizialmente in Germania su oltre 170 corsi idrici, restituisce una risposta per fasi di processo e giunge alla valutazione delle misure più efficaci ed economicamente vantaggiose. Partendo dalla valutazione delle spese correnti per la protezione delle acque si determina la capacità di aumentarle con un fattore massimo di 0,5 rispetto alle spese attuali. Ogni misura proposta ottiene un fattore di aumento che moltiplicato per le spese annuali sul corpo idrico viene convertito in valore monetario, permettendo il confronto con le altre misure considerate. Misure che superino la soglia massima di aumento calcolata non dovrebbero essere attuate e giustificano la richiesta di una deroga.

Nonostante gli sforzi metodologici per ricomprendere nella CBA la valutazione dei servizi ecosistemici, essi ed il valore della biodiversità restano tra i più complessi valori ambientali da misurare e definire[26].

Il valore economico totale del cambiamento dell’ecosistema deve essere distinto dalla valorizzazione di tutti i sotto-ecosistemi che lo compongono. In altre parole, il valore del sistema può essere superiore al valore della somma delle sue parti[27] grazie all’intreccio di complesse interazioni ecologiche, sociali ed economiche.

Il corollario di ciò, è che un basso valore economico per un qualsiasi servizio ecosistemico potrebbe indurre a ritenerlo poco utile, ma questo potrebbe rivelarsi una componente chiave per altri servizi ecosistemici e la sua mancanza impatterebbe sugli altri servizi causando cambiamenti complessi quanto imprevedibili all’interno dell’ecosistema oggetto di valutazione.

Purtroppo, i servizi ecosistemici meno valorizzati sono quelli connessi alle esternalità positive prodotte dal settore primario e dall’agricoltura irrigua. Non per questo meno importanti e necessari   nell’ambito delle interazioni tra ecosistemi acquatici e terrestri.

Molte decisioni prese sulla base di CBA risultano affette da grande incertezza a causa dei limiti esistenti riguardo alla disponibilità dei dati, alla scala di riferimento delle informazioni disponibili troppo spesso diversa dal distretto idrografico, alle modalità di raccolta ed organizzazione diverse tra settori ed operatori economici o Enti preposti, con conseguenti impatti sulla qualità dei dati stessi. In breve, sono necessari miglioramenti per rendere la CBA uno strumento utile per i decisori politici e sicuro per i settori economici interessati dalle misure ambientali.

Inoltre, va concentrata l’attenzione su come integrare principi di equità che riguardano la distribuzione degli oneri ambientali e dei benefici tra diversi settori e su come scontare benefici e costi futuri[28]; questione controversa, quest’ultima, specie quando coinvolge misure di mitigazione che avranno pieno impatto economico tra decenni o costi, tipicamente agricoli, che si riverberano ad esempio sul settore agroalimentare in un’ottica almeno pluridecennale e che influenzano dinamiche inflazionistiche e occupazionali.

Rimane viceversa insoluto il problema di monetizzare le perdite di quegli operatori che su base volontaria o sullo stimolo di meccanismi premiali, ad esempio gli ecoschemi della Politica Agricola Comune, effettuano investimenti per la produzione di esternalità positive e servizi ecosistemici ma vengono comunque gravati, al pari di altri, dei crescenti costi ambientali connessi agli obiettivi della politica dell’acqua Europea nei casi in cui non risultino del tutto compensati dai finanziamenti pubblici.

In questo caso l’analisi costi/benefici richiederebbe un grado di dettaglio estremo, inapplicabile nella pratica; resta comunque possibile interiorizzare i costi ambientali al netto dei benefici prodotti (ad esempio attraverso la rimozione di carichi azotati, l’   attuazione di tecniche di agricoltura conservativa e carbon farming) nel costo per unità di acqua utilizzata a livello aziendale, definendo in questo modo un equo meccanismo ridistributivo dei costi determinati e decisi sulla base di una CBA condotta a scala idrografica.

Una azione di governance economico sociale della risorsa di questa natura avvicinerebbe la gestione della risorsa al principio di compensazione[29],[30] che dovrebbe guidare in pratica ogni decisione su politiche e progetti in contesti di vita reale. Esso stabilisce che i benefici, i guadagni in termini di benessere umano, dovrebbero superare i costi, perdite di benessere umano, per tutte le politiche ed i progetti da approvare.

 



[1] Directive 2000/60/EC of the European Parliament and of the Council establishing a framework for Community action in the field of water policy. http://eur-lex.europa.eu/legal-content/EN/TXT/?uri=uriserv:l28002b

[2] European Commission (2015), EU Water Policy and Technical Principles of RBMPs in the EU, https://www.riob.org/ fr/file/288256/download?token=c2U4jETU

[3] Hering, D., Borja, A., Carstensen, J., Carvalho, L., Elliott, M., Feld, C.K., Heiskanen, A.S., Johnson, R.K., Moe, J., Pont, D., Solheim, A.L., van de Bund, W., 2010. The European Water Framework Directive at the age of 10: a critical review of the achievements with recommendations for the future. Sci. Total Environ. 17, 149–160.

[4] S. Prato, P. La Valle, E. De Luca, L. Lattanzi, G. Migliore, J.G. Morgana, C. Munari, L. Nicoletti, G. Izzo, M. Mistri, 2014. The “one-out, all-out” principle entails the risk of imposing unnecessary restoration costs: A study case in two Mediterranean coastal lakes. Marine Pollution Bulletin, Vol. 80(1–2):30-40, ISSN 0025-326X, https://doi.org/10.1016/j.marpolbul.2014.01.054

[5] Borja, A., Rodríguez, J.G., 2010. Problems associated with the ‘one-out, all-out’ principle, when using multiple ecosystem components in assessing the ecological status of marine waters. Mar. Pollut. Bull. 60, 1143–1146.

[6] Datry, T., et al, 2018. Flow intermittence and ecosystem services in rivers of the Anthropocene. J Appl Ecol. 2018; 55(1): 353–364. doi:10.1111/1365-2664.12941.

[7] Hill BH, Kolka RK, McCormick FH, Starry MA. A synoptic survey of ecosystem services from headwater catchments in the United States. Ecosystem Services. 2014; 7:106–115.

[8] Arthington AH, Bernardo JM, Ilhéu M. Temporary rivers: Linking ecohydrology, ecological quality and reconciliation ecology. River Research and Applications. 2014; 30:1209–1215.

[9] Moyle PB. Novel aquatic ecosystems: The new reality for streams in California and other Mediterranean climate regions. River Research & Applications. 2014; 30:1335–1344.

[10] Seastedt TR, Hobbs RJ, Suding KN. 2008. Management of novel ecosystems: are novel approaches required? Frontiers in Ecology and Environment 6: 547–553. DOI:org/10.1890/070046

[11] MA (Millennium Ecosystem Assessment). 2005. Ecosystems and human well-being: synthesis. Washington, DC: Island Press.

[12] Fox D. 2007. Back to the no-analog future? Science 331166: 823–25.

[13] Cognetti, G., Maltagliati, F., 2000. Biodiversity and adaptative mechanisms in brackish water fauna. Mar. Pollut. Bull. 40, 7–14.

[14] Magni, P., et al, 2009. Animal-sediment relationships: evaluating the Pearson–Rosenberg paradigm Mediterranean coastal lagoons. Mar. Pollut. Bull. 58, 478–486.

[15] Mar?a Molinos-Senante, Francesc Hernandez-Sancho, Ramon Sala-Garrido, 2011.  Assessing disproportionate costs to achieve good ecological status of water bodies in a Mediterranean river basin. J. Environ. Monit., 2011, 13, 2091. DOI: 10.1039/c1em10209e 

[16] European Commission (2009), Guidance Document on Exemptions to the Environmental Objectives, Guidance Document N° 20 for the Common Implementation Strategy for the Water Framework Directive (2000/60/EC), Technical Report 2009-027”. https://ec.europa.eu/environment/water/water-framework/economics/pdf/Guidance_document%2020 .pdf

[17] A questo riguardo fare riferimento ai lavori nel quadro della “Common Implementation Strategy for the Water Framework Directive (2000/60/EC): Economics and the environment - Working Group 2.6 on Economic Analysis (WATECO)”, European Commission.

[18] Jensen CL, Jacobsen BH, Olsen SB, Dubgaard A, Hasler B (2013) A practical CBA-based screening procedure for identification of river basins where the costs of fulfilling the WFD requirements may be disproportionate – applied to the case of Denmark. J Environ Econ Policy 2(2):164–200. https://doi.org/10.1080 /21606544.2013.785676

[19] Martin-Ortega J (2012) Economic prescriptions and policy applications in the implementation of the European water framework directive. Environ Sci Policy 24:83–91. https://doi.org/10.1016/j.envsci.2012.06.002

[20] Jan Machá? and Jan Brabec, 2017. Assessment of Disproportionate Costs According to the WFD: Comparison of Applications of two approaches in the catchment of the Stanovice Reservoir (Czech Republic). Water Resources Management. https://doi.org/10.1007/s11269-017-1879-z 

[21] Galioto F, Marconi V, Raggi M, Viaggi D (2013) An assessment of disproportionate costs in WFD: the experience of Emilia-Romagna. Water 5(4):1967–1995. https://doi.org/10.3390/w5041967

[22] Feuillette S, Levrel H, Boeuf B, Blanquart S, Gorin O, Monaco G, Penisson B, Robichon S, (2016). The use of cost benefit analysis in environmental policies: some issues raised by the water framework directive implementation in France. Environ Sci Policy, Elsevier 57:79–85. doi: https://doi.org/10.1016/j.envsci.2015.12.002

[23] Klauer B et al (2007) Verhältnismäßigkeit der Maßnahmenkosten im Sinne der EG-Wasserrahmenrichtlinie komplementäre Kriterien zur Kosten-Nutzen-Analyse. Helmholtz Zentrum für Umweltforschung, Leipzig

[24] Ammermüller B, Fälsch M, Holländer R, Klauer B, Sigel K, Mewes M, Bräuer I, Grünig M, Ehlers MH, Borchardt D (2008) Entwicklung einer Methodik zur nicht-monetären Kosten-Nutzen-Abwägung im Umsetzungsprozess der EG-Wasserrahmenrichtlinie.

[25] Klauer B, Sigel K, Schiller J (2016) Disproportionate costs in the EU water framework directive, how to justify less stringent environmental objectives. Environ Sci Policy 59:10–17. https://doi.org/10.1016/j.envsci.2016.01.017

[26] Daily GC, Soderqvist T, Aniyar S, Arrow K, Dasgupta P, et al. 2000. The value of nature and the nature of value. Science 289:395–96

[27] Arrow K, Daily GC, Dasgupta P, Levin S, Maler KG, et al. 2000. Managing ecosystem resources. Environ. Sci. Technol. 34:1401–6

[28] BLUE2 Consortium (2019): “Summary Report”. Deliverable of the BLUE2 project “Study on EU integrated policy assessment for the freshwater and marine environment, on the economic benefits of EU water policy and on the costs of its non- implementation”. Report to DG ENV https://op.europa.eu/en/publication-detail/-/publication/54f93503-96f6-11e9-9369-01aa75ed71a1/language-en/format-PDF/source-241055714  

[29] Hicks JR. 1939. Foundations of welfare economics. Econ. J. 49:696–712

[30] Kaldor N. 1939. Welfare propositions of economics and interpersonal comparisons of utility. Econ. J. 49:549–52




PON WATER4AGRIFOOD: risultati finali del progetto al servizio delle politiche di prezzo per l'acqua.

 A. Battilani1, R. Zucaro2, M. Ruberto2, S. Baralla2, C. Truglia1, M. Gargano1

1ANBI, 2 CREA-Centro di ricerca Politiche e bioeconomia

Con l’approssimarsi della fine di questa legislatura Europea si intensificano le pressioni perché siano evidenti all’elettorato i riscontri positivi delle politiche adottate dal 2019 per imprimere una decisa accelerazione alla lotta al cambiamento climatico, ma soprattutto per ribadire la necessità di non deviare dalla strada tracciata.

Questa ricerca del consenso crea un ambiente poco produttivo ed incentiva la parte più radicale a volgersi sempre di più nella direzione di un riduzionismo climatico[1] che, anche in ambito scientifico, porta a far prevalere un atteggiamento deterministico secondo il quale le perdite ed i danni conseguenti ad estremi meteorologici sono unicamente il risultato del cambiamento climatico, ignorando l’importanza di vulnerabilità preesistenti[2].

Questo atteggiamento, in un contesto economico ampiamente neo-liberista, permette di inquadrare la risposta climatica come un’opportunità per espandere i mercati, affermare un primato industriale, realizzare profitti[3],[4]. Gli enormi costi della mitigazione e dell’adattamento al cambiamento climatico sono sempre più appannaggio della finanza, la sola forza capace di modificare il mercato esistente nel tentativo di crearne uno nuovo a livello globale.

Porre l’accento sul clima come causa scatenante è certamente efficace per richiamare l’attenzione sulle responsabilità umane e conseguentemente sulla necessità di comportamenti adeguati ed azioni correttive rapide ed incisive. Tuttavia, l’esasperazione verso lo stress climatico può distorcere l’attenzione, spingendo ad ignorare fattori di stress sociali[5] e con essi le politiche decennali che hanno portato ad un indebolimento dei territori e delle infrastrutture destinate a proteggerli e ad un verticale aumento della loro vulnerabilità.

Su di un punto dobbiamo essere chiari: il cambiamento climatico non causa perdite o danni sul territorio indipendentemente dalle condizioni socioeconomiche e dal livello di infrastrutturazione presente. L’entità del disastro dipende dal grado di esposizione delle persone e dalla precarietà ed insufficienza delle infrastrutture preesistenti al fenomeno climatico estremo.

È troppo spesso politicamente opportuno invocare il cambiamento climatico come qualcosa di “superiore ed imprevedibile”, una forza esogena, ponendone quindi le conseguenze al di fuori dell’influenza e delle responsabilità dei pianificatori[6] e delle autorità locali. Se è pur vero, almeno in parte, che spesso il disastro non si sarebbe potuto evitare, è altresì certo che quegli interventi per la regolazione delle acque e la cura del territorio da anni richiesti a piena voce dalla Bonifica avrebbero limitato il danno.

Un esempio. importante di vulnerabilità ai cambiamenti climatici indotta dalla cattiva pianificazione lo fornisce un recente studio[7] che mostra come, dal 1985, gli insediamenti umani si sono espansi in zone ad alto rischio climatico ed idrogeologico con un ritmo preoccupante. In Italia l’urbanizzazione in zone a rischio è cresciuta di oltre il 60% a fronte di un aumento dello sviluppo urbano in aree a basso rischio del 40%. Del resto, la scarsità di territorio ed il minor costo dei terreni marginali spinge in modo sproporzionato lo sviluppo di nuovi insediamenti in aree precedentemente evitate per la loro rischiosità.

Una valutazione analitica, multi-causale, delle ragioni per cui si produce un danno diretto od indiretto, al pari della corretta valutazione dell’entità dello stesso, sono alla base di una quanto mai urgente e necessaria definizione dei “trade-offs” degli impatti settoriali positivi e negativi, indispensabile per comporre un quadro d’azione e reazione efficace sui territori.

Non si intende con questo in alcun modo schierarsi dalla parte di un vetero negazionismo climatico: il cambiamento climatico di origine antropica è (con)causa degli enormi danni ambientali, sociali ed economici già ora sofferti.

Per enti dedicati alla cura ed alla gestione del territorio, come i Consorzi di Bonifica, al di là dell’importanza in termini generali di attribuire il peso delle cause climatiche nel produrre eventi calamitosi, è determinante associare i danni alle cause delle vulnerabilità in atto allo scopo di identificare modi per ridurre i disastri con azioni correttive più dirette e rilevanti a livello locale.

Non è sempre opera facile, specie in un paese dove fin dalle prime civiltà palafitticole nate ai margini delle lagune e delle foreste pluviali il governo e la difesa idraulica sono apparsi essenziali, avviando così un processo di trasformazione profonda del territorio.

Millenni di opere collettive, di bonifiche e di governo delle acque hanno disegnato lo sviluppo sociale, economico e la natura e morfologia del territorio attuale, inclusa la posizione degli insediamenti urbani. Roma stessa da piccolo villaggio sviluppa e prospera grazie all’area drenata e messa in sicurezza dalla più antica opera di regimazione idraulica urbana ancora in funzione, la cloaca maxima.

Valutare e risolvere la vulnerabilità rispetto al nuovo contesto climatico ed alle pressioni di una urbanizzazione incontenibile non è operazione evitabile o di poco impatto quando si dispone di un patrimonio comune di oltre 231.000 chilometri di canali, condotte forzate e fiumi, migliaia di briglie, sbarramenti, vasche di compenso e di laminazione, impianti idrovori, invasi per la provvista e la distribuzione dell’acqua a fini plurimi e irrigui, aree naturali.

Il sistema della bonifica ha piena consapevolezza di dover disegnare e caratterizzare il territorio italiano di domani partendo dall’immenso capitale ereditato. E questo nel rispetto della Costituzione per quanto riguarda i recentemente aggiunti principi di tutela dell’ambiente, della biodiversità e degli ecosistemi, nell’interesse e nel rispetto delle future generazioni, senza però venir meno al compito di garantire l’accesso alle risorse idriche al comparto primario perché la nostra agricoltura sia in grado di nutrire una popolazione in crescita.

Non si tratta semplicemente di disporre di un contesto politico e legislativo che faciliti le decisioni e gli investimenti, o dell’avvento di “nuovi tipi di stakeholder audaci e coraggiosi” in un sistema che relega gli agricoltori al ruolo di custodi dell'ambiente naturale, come richiesto in molti ambienti in Europa. Si tratta piuttosto di tendere ad obiettivi di sicurezza, sostenibilità e resilienza del sistema idrico al servizio delle produzioni agroalimentari e dei territori.

Riguardo ai temi di sicurezza idrica è urgente e necessario salvaguardare l’accesso per i territori agricoli a quantità sufficienti di acqua di qualità adeguata al fine di preservare la salute degli ecosistemi, favorire lo sviluppo socioeconomico della società, e garantire una efficace protezione contro i disastri derivanti dall’alternanza tra siccità ed inondazioni.

Per raggiungere un buon equilibrio è indispensabile una efficiente sostenibilità della gestone idrica basata su principi economicamente e ambientalmente compatibili che in parallelo siano alle fondamenta di una resilienza di lungo termine, tesa a permettere ai sistemi idrici naturali e antropici di resistere ad eventi dirompenti imprevisti, scongiurandone le gravi conseguenze.

Per raggiungere questi obiettivi, per risolvere le vulnerabilità che agisce da moltiplicatore nel produrre danni e perdite in conseguenza di eventi climatologici estremi, sono necessarie soluzioni gestionali, tecnologiche e finanziarie innovative che rifuggano da logiche dirigiste ed economiche coercitive ma che attivino i meccanismi virtuosi del vantaggio produttivo, sociale, economico.

Gli scorsi 19 e 20 settembre 2023 si è tenuto a Bari il Convegno finale del Progetto PON Water4AgriFood: "Miglioramento delle produzioni agroalimentari mediterranee in condizioni di carenza di risorse idriche", un progetto inteso a produrre soluzioni innovative di interesse anche per i Consorzi di Bonifica[8], chiamati alla gestione quotidiana di risorse sempre più scarse per gli usi produttivi quando non tragicamente abbondanti e pericolose per la sicurezza dei territori e delle popolazioni.

Considerata la portata del tema del prezzo dell’acqua[9],[10] , lo scorso 25 settembre, si è invece tenuto l’evento finale dell’OR 4 “Price water” organizzato da ANBI in collaborazione con il CREA Centro di ricerca Politiche e bioeconomia, rivolto in particolare ai consorzi di bonifica e agli enti irrigui.

Per il raggiungimento dell’obiettivo di individuazione di una tariffa sostenibile dal punto di vista economico, ambientale e sociale, nel corso del periodo di riferimento del progetto (ottobre 2020 – ottobre 2023) sono state applicate varie analisi da parte di ricercatori ed esperti.

Un caso studio è stato realizzato presso l’azienda sperimentale di Bonifiche Ferraresi, Partner del progetto; un’azienda di circa 1.000 ha (di cui 300 ha irrigui), dove sono state installate tutte le attrezzature per il monitoraggio dell’acqua, e servita dal Consorzio di bonifica dell’Oristanese.

A partire da un sistema di contribuenza basato sulla superficie irrigata, è stato individuato un sistema che include una quota basata sulla quantità di acqua utilizzata (tariffa volumetrica). La tariffa volumetrica (intesa come contributo irriguo), infatti, come da raccomandazioni europee, dovrebbe essere il principale obiettivo da perseguire per incentivare l’uso efficiente dell’acqua.

A tal fine sono monitorati i volumi effettivi impiegati e delineati opportuni scenari di volumi ottimali, ottenuti grazie all’utilizzo del Modello Flow-Hages”. Quest’ultimo ha permesso anche di valutare i volumi di acqua rilasciati al reticolo superficiale sia da un punto di vista quantitativo che qualitativo a livello aziendale, attraverso i quali l’agricoltura irrigua può generare servizi ecosistemici. Temi discussi internamente ad ANBI e con il CREA, responsabile dell’OR4 “Price water”[11],[12].

Oltre all’impatto socioeconomico derivato dall’introduzione dell’irrigazione sostenibile, sono stati infatti considerati anche gli aspetti ambientali connessi alla pratica irrigua, legati sia alle esternalità positive che negative[13],[14],[15].

Il risultato finale è una proposta per un sistema di contribuenza che include una quota volumetrica e che internalizza costi e benefici ambientali. Il processo di internalizzazione è stato applicato al fine di rispettare il principio chi inquina/usa paga e il principio dell’adeguato recupero dei costi dei servizi idrici, incluso il costo ambientale, come previsto anche dalle Direttive europee.

Il bilanciamento tra benefici del risparmio ed esternalità (positive, quali ricarica acque sotterranee e superficiali, fertilità suoli, conservazione aree umide e negative, prelievo, inquinamento, depauperamento biodiversità, etc.) ha portato a risultati non distanti dagli attuali scenari di tariffazione; similarità che merita sicuramente un approfondimento futuro, soprattutto alla luce dei nuovi sviluppi europei sul tema, e da affrontare insieme ai portatori di interesse che direttamente e indirettamente sono coinvolti.

La migrazione verso una società “Water-Smart”, altamente resiliente, richiederà investimenti significativi nella riprogettazione e nell’adattamento delle infrastrutture esistenti o nella costruzione di nuove. Esse dovranno essere (ri)calibrate per supportare e facilitare l’estesa applicazione di tecnologie e soluzioni di governance innovative, attivando attraverso la gestione di un complesso mix di sfide nuove opportunità per l’industria europea sui mercati interni e globali.

Il “Piano di efficientamento e completamento della infrastrutturazione idrica per il contrasto all’emergenza climatica e al dissesto idrogeologico”, presentato da ANBI nel 2017 affinché facesse parte dell’agenda politica del Paese, ed il recente “Piano Laghetti” approntato con Coldiretti sono esempi concreti di progettualità per investimenti infrastrutturali capaci di fornire risposte preventive, strutturali ed efficaci, alle urgenze imposte dal rischio risultante dalla combinazione di fenomeni di cambiamento climatico e vulnerabilità strutturali ed infrastrutturali dei nostri territori e delle nostre economie[16].

La prevenzione, termine ormai desueto per indicare la prima e più efficace forma di adattamento, si espleta attraverso un’idonea attività di pianificazione e programmazione, sostenuta da importanti investimenti e da un connubio tra pubblico e privato che garantisca una piena rispondenza ai criteri della transizione ecologica.

Oggi i Consorzi di Bonifica affrontano l’urgenza di affermare nei territori irrigui un uso più efficiente delle acque irrigue, attraverso l’adozione di tecnologie innovative e di strumenti di supporto gestionale che permettano di contrastare lo spreco, l’uso indiscriminato e l’inquinamento per eccesso di nutrienti e pesticidi della risorsa idrica.

In questo contesto, l’ANBI ricopre un ruolo istituzionale fondamentale di coordinamento e di bilanciamento tra gli interessi pubblici e gli interessi privati nonché di indirizzo per garantire l’uniformità di azione a livello nazionale.

Ed in questo difficile compito risulterà di grande valore il contributo di conoscenza, il confronto e la condivisione di esperienze che hanno trovato sintesi nei risultati ottenuti dal progetto PON Water4AgriFood.



[1] Hulme, M. (2011). Reducing the future to climate: A story of climate determinism and reductionism. Osiris, 26, 245–266.

[2] Raju, Emmanuel, Emily Boyd, and Friederike Otto. 2022. “Stop Blaming the Climate for Disasters.” Communications Earth & Environment 3 (1): 1–2. https://doi.org/10.1038/s43247-021-00332-2.

[3] Ciplet, David, and J. Timmons Roberts. 2017. “Climate Change and the Transition to Neoliberal Environmental Governance.” Global Environmental Change 46: 148–56. https://doi.org/10.1016/j.gloenvcha.2017.09.003

[4] De Roeck, Frederik. 2019. “Governmentality and the Climate-Development Nexus: The Case of the EU Global Climate Change Alliance.” Global Environmental Change 55: 160–67. https://doi.org/10.1016/j.gloenvcha.2019.02.006

[5]Ribot, J. (2019). Social causality of our common climate crisis: Towards a sociodicy for the anthropocene. In T. Haller, T. Breu, T. D. Moor, C. Rohr, & H. Znoj (Eds.), The commons in a glocal world: Global connections and local responses. London: Routledge.

[6] Lahsen, M., & Ribot, J. (2022). Politics of attributing extreme events and disasters to climate change. Wiley Interdisciplinary Reviews: Climate Change, 13( 1), e750

[7] Rentschler, J., Avner, P., Marconcini, M. et al. Global evidence of rapid urban growth in flood zones since 1985. Nature 622, 87–92 (2023). https://doi.org/10.1038/s41586-023-06468-9

[8] Battilani, A., Zucaro, R., Truglia, C., Gargano, M., 2021. Il progetto water4agrifood: un contributo di Innovazione per le sfide della governance dell’acqua nell’era del green new deal europeo. ANBI Informa, Ambienti d’Acqua Magazine, pub. Online 10/11/2021 https://www.anbi.it/art/articoli/6100-il-progetto-water4agrifood-un-co.

[9] Battilani, A., Zucaro, R., Truglia, C., Gargano, M., 2023. Al valore dell'acqua deve corrispondere un costo? Un contributo alla discussione in corso sull'applicazione del principio "chi inquina paga" e sul "prezzo dell'acqua" per l'agricoltura ANBI Informa, Ambienti d’Acqua Magazine, pub. Online 02/08/2023 https://www.anbi.it/art/articoli/7558-articolo-1-al-valore-dell-acqua-d...

[10] Battilani, A, Ruberto, M., Baralla, S., Zucaro, R., Truglia, C., Gargano, M., 2023. Politiche di prezzo per l’acqua in agricoltura: quantificazione dei volumi per l’applicazione della tariffa volumetrica. ANBI Informa, Ambienti d’Acqua Magazine, pub. Online 07/08/2023 https://www.anbi.it/art/articoli/7564-politiche-di-prezzo-per-l-acqua-i...

[11] Battilani, A., Zucaro, R., Truglia, C., Gargano, M., 2021. Quantità o qualità: cosa determinerà il costo dell’acqua per l’agricoltura?. ANBI Informa, Ambienti d’Acqua Magazine, pub. Online 31/08/2021 https://www.anbi.it/art/articoli/5936-quantit-o-qualit-cosa-determiner-i .

[12] Battilani, A, Ruberto, M., Baralla, S., Zucaro, R., Truglia, C., Gargano, M., Coppola, A., 2023. Prevedere e valutare l’impatto della fertilizzazione e dell’irrigazione sugli agroecosistemi ANBI Informa, Ambienti d’Acqua Magazine, pub. Online 04/08/2023 https://www.anbi.it/art/articoli/7562-prevedere-e-valutare-l-impatto-de...

[13] Battilani, A., Zucaro, R., Truglia, C., Gargano, M., 2021. Agricoltura e servizi ecosistemici: la responsabilità sociale dell’agricoltura ed il contrasto con una percezione negativa ed un’economia di mercato competitiva e penalizzante ANBI Informa, Ambienti d’Acqua Magazine, pub. Online 16/12/2021 https://www.anbi.it/art/articoli/6186-agricoltura-e-servizi-ecosistemici-.

[14] Battilani, A, Zucaro, R., Ruberto, M., Baralla, S., Truglia, C., Gargano, M., 2023. Azioni per una mitigazione del costo ambientale dell’inquinamento attraverso la depurazione delle acque di restituzione della pratica irrigua. ANBI Informa, Ambienti d’Acqua Magazine, pub. Online 15/09/2023. https://www.ambientidiacqua.it/public/anbinforma/ANBI20230915_speciale-anbinforma-progetto-pon.html

[15] Battilani, A, Zucaro, R., Ruberto, M., Baralla, S., Truglia, C., Gargano, M., 2023. Esternalità positive e negative connesse alla pratica irrigua ed alle infrastrutture multifunzionali di stoccaggio. ANBI Informa, Ambienti d’Acqua Magazine, pub. Online 15/09/2023. https://www.ambientidiacqua.it/public/anbinforma/ANBI20230915_speciale-anbinforma-progetto-pon.html

[16] Vincenzi, F., 2023. Nota Introduttiva. In: Per un’Italia resiliente, sostenibile e moderna ANBI e i Consorzi di bonifica protagonisti. Ronzani Editore, isbn: 979-12-5997-083-1

 
Per maggiori approfondimenti www.anbi.it
SETTIMANALE DELL´ASSOCIAZIONE NAZIONALE CONSORZI DI GESTIONE E TUTELA TERRITORIO E ACQUE IRRIGUE
Direttore Responsabile: Massimo Gargano - Registrazione Tribunale di Roma n. 559/98 del 25 novembre 1998
Redazione: Via S.Teresa, 23 - 00198 Roma - Tel. 06/844321 - Fax 06/85863616
Sito internet: anbi.it - eMail: anbimail@tin.it

Disiscriviti ? Aggiorna preferenze